C’è un uomo seduto su un tappeto, sta dicendo qualcosa. Ha i capelli trascuratamente cresciuti e, più di un velo di barba, gli contorna il mento e la linea della mascella… non so cosa dice, parla una lingua che non conosco. Ha le gambe incrociate, sembra che voglia convincere qualcuno di qualcosa, ma non sembra un appello, l’ho guardato bene negli occhi, non so cosa dice, ma non sta implorando. Sento una voce fuori campo, è la traduzione di ciò che dice quell’uomo seduto, ma non capisco neanche quella, o forse lo so già e non mi interessa. Ha i vestiti sdruciti ed impolverati. Poi l’immagine si allarga, due paia di gambali scuri sono ai lati dell’uomo che parla, due paia di pantaloni, due calci di mitragliatrici imbracciati da due paia di mani, due cappucci neri. Sembra la negativa di una delle vecchie foto dei membri del ku klux klan solo che i vestiti hanno una foggia più orientale e le armi paiono moderne. L’ho già vista sta scena. L’abbiamo già vista tutti, solo è diverso l’uomo che parla, e forse nemmeno quello. L’ennesima vittima di una guerra, che come tutte le altre sarà inutile, e la vittima e la guerra, entrambe inutili, nessuna delle due ci renderà migliori né più consapevoli. L’uomo continua a parlare, non sembra aver paura, forse non sa che sta per morire, chissà che gli avranno promesso in cambio… di una morte atroce? Sembra essere l’unico a non saperlo. I due ai lati si muovono appena, vigliacchi come i loro simili in cappuccio bianco, nascondono la loro vergogna ed il loro volto dietro a cappucci neri, cambia solo il colore, ma la merda è la stessa, ed anche la puzza fa schifo uguale, nonostante le migliaia di chilometri che ci separano la posso sentire lo stesso. Poi una lama, la mano che l’impugna, chiudo gli occhi, ma so come andrà a finire, un’altra mano tirerà all’indietro la testa dell’uomo per i capelli, forti braccia nutrite terranno ferme le braccia inaridite dell’uomo dai capelli trascuratamente cresciuti, poi la lama passerà come una riga rossa alla fine dei conti sul collo innocente dell’uomo dai vestiti impolverati, il suo sangue schizzerà insieme all’ultima esalazione del suo respiro dalla gola, come un grido nel silenzio, come un grido del silenzio, lo percepisco appena, non è che un flebile afflato, eppure mi fanno male le orecchie, i timpani implodono, sta morendo e sto morendo anch’io e me ne rendo conto solo adesso. Un urlo mi si è strozzato in gola come se l’avessero tagliata a me, sento il sangue zampillante abbandonare il mio corpo, è così facile morire, basta così poco. Non odo voci levarsi dal vaticano, se non per difendere morti, morti sedici, diciassette anni fa, indifendibili. Ma non una parola per quelli che muoiono oggi in guerre assurde, nel nome di Dei che insensibili si voltano dall’altra parte. Ho la sensazione che non basterà quest’ultima vittima sacrificale a placare la sanguinaria sete degli Dei in guerra e poi dicevano degli Aztechi, barbari e sanguinari, noi cosa siamo? Noi, che certi “spettacoli” li vediamo in tivù, noi, che violentiamo, che picchiamo in gruppo uno che riteniamo diverso, noi, che abbiamo i vigili che ci meritiamo e che a loro volta picchiano in gruppo uno solo e solo perché credono che sia diverso perché la sua pelle ha una colorazione più decisa, la stessa che vorrebbero e che si fanno gli stessi vigili alle lampados in inverno o al mare d’estate, sarà l’invidia, l’ignoranza, sarà che siamo una civiltà bacata, sarà che non abbiamo cultura, che non crediamo altro che nei miti che ci hanno imposto con gli spots pubblicitari, che prendiamo ad esempio dai nostri politici, miti fasulli, miti negativi scambiati per positivi, come la foto di cui sopra.
Benvenuti nelle guerre del terzo millennio, benvenuti nella nuova era, anche se nulla è cambiato rispetto alla precedente.
Erasmo da Bo